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  • Immagine del redattoreAnna

Ti sembro una da quinto posto?


"Do I look fifth to you?" è l´ultima frase che ho detto a Jay stasera.

Stavo blaterando su quanto sperassi di non essere la seconda scelta per un lavoro per cui sono stata selezionata per il colloquio dopo una selezione esterna dei profili dei candidati, che erano molto piú di cinque.


Sapevo di non essere stata scelta, ma ancora non avevo visto il documento con il procedimento che aveva portato alla decisione (in favore di un altro candidato) e la "classifica" dei candidati. Dopo un paio di settimane, ecco la mail con il documento.


Non ero la seconda scelta, ma la quinta. Su cinque!

(no, su molti di piú, ma da autocritica cronica giustamente io mi continuo a chiedere perché altri siano stati considerati "meglio" di me!)


In effetti quest´anno ho avuto due colloqui di lavoro. Uno per una posizione da professore associato, l´altra per un ufficio dell´Unesco. Due lavori molto diversi, che però ho letto allo stesso modo. "Mi manca questo".


"Mi manca esperienza di insegnamento" per il posto da prof.

"Mi manca esperienza in generale" per il posto dell´Unesco.


In realtà per entrambi mi manca la stessa cosa. Avete presente la sindrome dell´impostore? Io ne sono la regina. In entrambi i casi sono stata scelta per un colloquio. Però, in entrambi i casi ho immediatamente pensato di essere la meno qualificata tra i candidati scelti, e ho preparato e gestito i colloqui in base a quello.


Per fortuna ho coraggio! E chi mi circonda mi aiuta ad andare oltre. Però non sempre si ha la mia fortuna. Se una persona con il mio livello di sindrome dell´impostore dovesse trovarsi circondata da persone che cercano di limitare la sua creatività, minarne la fiducia, o se si trovasse da sola, allora probabilmente non riuscirebbe a trovarlo, quel coraggio.


Io non me ne ero mai resa conto di questa differenza (in ambito accademico!) tra chi è amato e apprezzato, e chi per farcela deve scalare montagne infinite. Ne ha parlato una ricercatrice del gruppo di discussione dell´Earth Science Women´s network qualche tempo fa. Diceva "Sembra che durante i colloqui di lavoro riescano a capire che ho avuto un´infanzia di m****. Tutti quelli che sono riusciti a farcela nella ricerca scientifica hanno famiglie che li amano, e che si preoccupano del loro successo".


Nessuno è riuscito a darle torto.


Nel Södra Djurgarden, uno dei bellissimi parchi di Stoccolma, ci sono dei pannelli e delle sculture che ci educano a vista (questo si riferisce ad una esposizione del museo etnografico).



Ho parlato di gentilezza durante il mio ultimo colloquio (quello da prof). Mi hanno chiesto una cosa di cui ci serve di piú nella ricerca. Invece di parlare di cose tecniche, ho detto senza pensarci troppo "gentilezza". Se vogliamo andare oltre le scoperte e fare sí che tali scoperte vengano capite, usate e condivise, ci serve gentilezza, "kindness", più collaborazioni e meno smania di "vincere". Meno opinioni su chi, a differenza di quelli come me, non hanno una famiglia e un passato pieno di felicità a sostenerli.


Se penso alla "me" vent´enne, ricordo tanti punti di domanda, e tante idee su chi, come e dove sarei potuta essere. Sul dove, ormai lo sapete, ho tanti dubbi. Ma sul chi e come, no: sarebbe contenta di sapere chi sono.




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